-Ciao Luca, innanzitutto toglici un dubbio… Perchè ti fai chiamare “Ermenegildo Nilson”?
“Ermenegildo Nilson” nasce nel momento della mia iscrizione su Facebook. Non volevo mettere il mio nome reale e allora ho pensato ad un nome particolare e casuale.
In realtà però quello che io considero il mio vero nome d’arte, con cui firmo le mie opere, è ‘Weed’, ma non inteso come marijuana bensì come pianta infestante; questo perchè mi piaceva l’idea che i miei disegni fossero visti come delle erbacce infestanti in giro per la città. Quando scrivo ‘Weed’ sull’opera per me è una sorta di ‘stop’, mi impongo di non metterci più mano per evitare di rovinare tutto.
-Come è nato il tuo stile dei “trattini” e cosa ti ispira maggiormente nell’ideazione delle tue opere?
Il mio stile è nato all’improvviso negli anni in cui vivevo a Torino grazie ad un incontro inaspettato con un tappezziere con il quale litigai perchè il mio cane aveva fatto pipì davanti al suo negozio. Quella sera, quando tornai a casa, decisi di disegnare il mio cagnetto che faceva pipì a trattini. Così… senza una logica vera e propria. Sono stati i trattini a venire da me, forse li avevo dentro, sicuramente non li ho cercati. Devo dire però che mi rilassano molto e ci sono affezionato. A volte ci litigo pure, nel senso che provo a cercare nuovi stili però poi loro tornano sempre.
L’ispirazione arriva semplicemente dalla società e dall’ambiente circostante, mi reputo un buon osservatore.
-Qual’è stato il tuo primo lavoro importante come street artist?
È stato un “illegale” a Torino in un parco vicino a Piazza Dante. Quando vivevo a Torino passavo spesso da quelle parti e vedevo sempre quel muro di mattoni vandalizzato con scritte indecorose; allora una mattina decisi di andare a fare una “riqualificazione urbana a modo mio” disegnandoci sopra un enorme cane appisolato. Ovviamente è stata pura street art in quanto illegale, senza alcun compenso, però la cosa che mi piace è che dopo quasi vent’anni è ancora lì, segno che è stato apprezzato. Adesso che ho 42 anni evito di fare illegali come facevo da giovincello però posso dirvi che non ci sono soldi che ti regalano quella sensazione di libertà.
-Che legame hai con il territorio Canavesano?
Io sono nato e cresciuto ad Ivrea e mi sento radicato al mio territorio. Ho vissuto per molto tempo al dì fuori di Ivrea, per vent’anni mi sono spostato fra Torino, Milano e Bologna. Spesso però avevo bisogno di tornare sia per vedere gli affetti più cari, che per perdermi nella natura canavesana. Ho un bel legame con la natura, per questo mi definisco un “topo di campagna”.
In adolescenza ero più riluttante al fatto di dover vivere ad Ivrea e avevo voglia di andarmene per fare nuove esperienze, però quando poi sono tornato a viverci stabilmente ho capito che qua c’è una qualità della vita veramente notevole, imparagonabile a quella delle grandi città.
Poi c’è il legame con il Carnevale. L’altro giorno riguardando il mio ‘book’ ho scoperto che in realtà ho fatto molti lavori legati al Carnevale e nemmeno me ne ero reso conto, forse perché in un certo senso noi eporediesi il Carnevale ce l’abbiamo dentro tutto l’anno.
-Il tuo legame con Ivrea è ben rappresentato anche dai vari “Camillo Olivetti” sparsi in giro per la città…
Sì, quando son tornato a vivere qua, mi è venuta l’idea di rappresentare “Camillo Olivetti”. L’obiettivo era quello di infondere speranza per un futuro migliore; traendo ispirazione dal glorioso passato di cui Lui è stato il principale artefice.
Ho creato uno stencil che rappresentasse Camillo per poterlo ricreare facilmente. È stato un progetto che si è protratto negli anni e ha avuto il suo culmine con la riqualificazione urbana de “La Serra”. Il merito non è solo mio, ma soprattutto di Marco Maffione che ha avuto l’idea, e grazie all’aiuto del Comune che ci ha fornito tutto il materiale, siamo riusciti a ripulire i muri della struttura.
-A cosa stai lavorando in questo momento e quali progetti hai per il futuro?
L’ultimo lavoro importante è stata la creazione dell Manifesto del Carnevale di Ivrea. Avrei sempre voluto creare crearlo, ma per mille motivi non ne ho mai avuto la possibilità. Quest’anno mancava il manifesto… Così, grazie alla collaborazione con Lucas Vigliocco (il mio compare grafico) è nata quest’opera che trae ispirazione dalla passione che scorre nelle vene degli eporediesi.
Il mio principale progetto però è “l’Arterìa Palma”. Sto cercando di concretizzare il mio sogno di poter vivere creando le mie opere in totale autonomia. Ho deciso di lasciare un posto di lavoro con contratto a tempo indeterminato che non mi rendeva felice perchè mi privava della mia creatività.
-Raccontaci della tua esperienza all’interno del Progetto INVISIBLE IVREA…
Invisible è frutto di un’idea di Alessandro Chiarotto. La sua capacità visionaria mi ha affascinato fin da subito. Io avrei sempre voluto fare Murales di un certo livello in giro per Ivrea, ma forse per incapacità mia di proporre un’idea vincente, non ho mai potuto realizzare questo sogno. Grazie ad Alessandro invece, tutto ciò è diventato realtà. Possiamo riassumere il tutto dicendo che lui è stata la mente ed io (insieme ad altri) il braccio.
È stato un qualcosa di diverso da tutto quello che avevo fatto finora, posso tranquillamente dire che è stato uno dei progetti street art più belli e ben pensati a cui io abbia mai partecipato. Alessandro è riuscito a convincere tutti facendo ricredere anche i più scettici. Il progetto dei Murales di Invisible Ivrea è stato un successo e lo dimostra il fatto che abbiamo ricevuto moltissimi complimenti, anche inaspettati.
– Hi there Luca. Before anything else, clear something up for us… Why do you call yourself ‘Ermenegildo Nilson’?
‘Ermenegildo Nilson’ is from when I first signed up to Facebook. I didn’t want to use my real name, so I came up with a distinctive, random one.
But in reality, the name I think of as my artist name, the one I sign my work with, is ‘Weed’. Not like marijuana, but like a pest plant, because I like the idea that my designs are seen as invasive weeds around the city. When I write ‘Weed’ on my work, for me it’s like a kind of ‘stop’ sign, that forces me not to touch it again in case I ruin it all.
– How did your ‘dash’ style come about and what inspires you most when you’re coming up with your pieces?
My style just came out of the blue when I was living in Turin after an unexpected encounter with a decorator I’d got into an argument with when my dog peed in front of his shop. That evening, when I got home, I decided to draw my dog peeing in dashes. Just because… without any real reason. The dashes just came to me, maybe they were already in me, I definitely didn’t go looking for them. But I have to say, they’re very relaxing and I’m fond of them. And sometimes we fall out, in the sense that I try looking for new styles, but I always come back to them.
My inspiration simply comes from society and my surroundings, I consider myself quite observant.
– What was your first major piece as a street artist?
It was some graffiti in Turin, in a park near Piazza Dante. When I lived in Turin, I often passed that way and I’d always see that brick wall vandalized with rude words; so one morning I decided to do some “urban regeneration my own way”, drawing a huge snoozing dog over them. Obviously, it was pure street art insofar as it was illegal and unpaid, but what I like is that almost twenty years later it’s still there, a sign that it’s appreciated. Now that I’m 42, I avoid doing anything illegal like I would have when I was younger, but it’s not money that grants that sense of freedom.
– What links do you have with the Canavese region?
I was born and raised in Ivrea and I feel rooted to my homeland. I lived away from Ivrea for a long time, for twenty years I moved between Turin, Milan and Bologna. But I often needed to come back, both to visit my nearest and dearest, and to lose myself in Canavese’s nature. I’ve got a strong connection with nature, that’s why I call myself a ‘field mouse’.
As a teenager, I was reluctant about having to live in Ivrea and I wanted to get out of here and experience new things, but when I came back to live here for good I realized that there’s a truly remarkable quality of life here, unparalleled by big cities.
Then there’s the link to Carnevale. The other day looking back on my ‘book’ I discovered that I’ve actually done a lot of work related to Carnevale and even I hadn’t realized. Maybe because, in a way, for people like us from Ivrea, Carnevale’s with us all year round.
– Your connection with Ivrea is also very visible through all the ‘Camillo Olivetti’ artwork scattered around the city as well…
Yes, when I moved back here I got the idea of representing ‘Camillo Olivetti’. The idea was to instill hope for a better future; drawing inspiration from a glorious past that he’s the main architect of.
I created a stencil of Camillo so I could easily recreate it. It’s a project that got drawn out over years and ended in the “La Serra” urban regeneration. I can’t take all the credit, it was Marco Maffione who had the idea, and thanks to the help from the Comune which provided all the materials, we were able to cleanse the building walls.
– What are you working on right now and what projects have you got in mind for the future?
My last major job was creating the Ivrea Carnevale Poster. I’d always wanted to create it but, for hundreds of different reasons, I’d never had the chance. There was no poster this year… So, thanks to a collaboration with Lucas Vigliocco (my designer buddy) this piece of work came into being, drawing inspiration from the passion running through Ivrea people’s veins.
My main project, however, is ‘l’Arterìa Palma’. I’m trying to materialize my dream of being able to survive by creating my art in complete autonomy. I decided to leave my permanent job where I wasn’t happy because it deprived me of my creativity.
– Tell us about your experience with the INVISIBLE IVREA Project…
Invisible is the product of one of Alessandro Chiarotto’s ideas. His vision immediately captivated me. I’ve always wanted to do Murales of a certain standard around Ivrea, but maybe down to my inability to come up with the perfect idea, I’d never been able to achieve that dream. Thanks to Alessandro, however, it’s all become real. The whole thing can be summed up by saying that he was the brains and I (along with others) was the brawn.
It was something different to what I’d done until now, I can easily say that it’s one of the most beautiful and well thought out street art projects I’ve ever been a part of. Alessandro was able to win everyone over, even the most skeptical. The Invisible Ivrea Murales project was a success and that can be seen in the multitude compliments we’ve received, even unexpected ones.
CREDITS
Foto Alessandro Aimonetto
Articolo di Valentina Ittevilo
Traduzione Perenchio Translations